Vai al contenuto
Home » Le scelte: il mezzo

Le scelte: il mezzo

Nel post precedente dicevo: <<Se tra le scelte includiamo la scelta del mezzo possiamo concludere che i piloti esperti fanno, in media, scelte “peggiori” dal punto di vista della sicurezza.>>

Possiamo definirle “peggiori” perché portano ad un numero maggiore di incidenti fatali, questo ci dicono i dati ed è oggettivo. Non significa però che quelle scelte siano “peggiori” da altri punti di vista.

Prendersi più rischi della media, facendo il possibile per mitigarli ma accettando comunque un rischio superiore a quello degli altri sportivi, è una scelta consapevole. Ciascuno fa il proprio compromesso tra rischi e benefici.

La domanda è: i piloti più esperti stanno scegliendo coscientemente di accettare più rischi rispetto ai piloti meno esperti (magari per ottenere di più dai loro voli) oppure si stanno prendendo più rischi senza esserne pienamente coscienti?

Quanti dei piloti esperti sanno di appartenere ad una categoria che corre più rischi rispetto ai piloti meno esperti? Quanti, invece, pensano che il fatto di essere esperti li faccia volare più sicuri rispetto ai piloti meno esperti?

Insomma, si tratta di una scelta consapevole o meno?

Personalmente credo di no. Credo che nessuno o quasi tra i piloti esperti abbia coscienza di appartenere ad una categoria che, dati alla mano, rischia di più rispetto ai piloti meno esperti. Credo che quasi tutti si sentano protetti dalla propria esperienza.

C’è però un’altra domanda che dovremmo farci, perché non c’è nulla di più personale delle scelte e non c’è nulla di più individuale del rischio che deriva dalle proprie scelte: come facciamo a sapere se queste statistiche non sono condizionate da pochi piloti che rischiano tanto?

Se sono in pochi a rischiare tanto allora il problema è tutto sommato circoscritto. Se invece la maggior parte dei piloti esperti si sta pendendo inconsapevolmente dei rischi abbiamo un altro tipo di problema, che va affrontato in un modo diverso.

Quando parliamo di incidenti fatali (questi sono i dati che stiamo usando) non è credibile che si tratti di una ristretta minoranza che rischia di più e sposta la media verso l’alto. Parlando in modo molto concreto: non sarebbe un andamento che si sostiene nel tempo proprio perché stiamo parlando di incidenti fatali. La statistica dovrebbe rientrare rapidamente.

Non è neanche credibile che dopo più di otto anni dall’attestato (ricordiamo i numeri del precedente post) solo una minoranza di piloti inizi improvvisamente a rischiare molto più degli altri.

Realisticamente i piloti esperti, in modo generale e diffuso, si prendono progressivamente più rischi di quelli non esperti senza esserne pienamente consapevoli.

Chi legge starà già pensando a diversi meccanismi psicologici del tutto plausibili per cui questo può succedere, ma prima di passare alle ipotesi cercherei di restare ancorato a quello che ci dicono i dati, almeno fino a che sarà possibile. Da un certo punto in avanti non sarà più possibile usare i dati e a quel punto faremo quello che potremo, ma non siamo ancora a quel punto.

Dobbiamo prima sciogliere una semplificazione fatta all’inizio: <<se tra le scelte includiamo la scelta del mezzo … >>

La scelta del mezzo è una scelta diversa dalle altre, quindi è il momento di considerarla separatamente.

Per farlo prendiamo qualche altra tabella dal documento tedesco a cui faceva riferimento il post precedente. Occhio: le ho tradotte con un traduttore automatico quindi ci sono termini buffi come “volo di fondo”, ma ci capiamo lo stesso. Nel post precedente c’è il link al documento originale in tedesco per chi vuole consultarlo.

Partiamo confrontando la classe del mezzo con cui è avvenuto l’incidente con la tipologia di volo.

Abbiamo un totale di 5 incidenti con mezzi EN-A. Abbiamo un totale di 2 incidenti avvenuti durante un volo didattico e 26 in volo stanziale. Possiamo quindi essere matematicamente sicuri del fatto che la maggior parte degli incidenti avvenuti durante voli stanziali NON sono avvenuti con EN-A ma con mezzi di classi superiori.

Sappiamo che un volo stanziale è meno impegnativo e comporta meno scelte rispetto ad un volo di cross. Si vola in località abituali con un atterraggio a portata di mano, non ci sono difficoltà ignote, non c’è la necessità di azzardare per coprire distanze o fare atterraggi fuoricampo. Nei voli di cross, in cui le scelte giocano un ruolo maggiore, la probabilità di incidente è più alta, circa il doppio stando ai dati. Nei voli stanziali le scelte contano meno e vediamo di più gli effetti della componente “mezzo” .

Sebbene i piloti di EN-A siano quasi la metà (47%) e passino la maggior parte del proprio tempo in voli stanziali, la gran parte degli incidenti in voli stanziali avviene con mezzi di classi superiori pilotati da piloti mediamente più esperti.

Questo ci dice che la sicurezza passiva del mezzo ha un ruolo non trascurabile.

Per provare a capire qualcosa in più sul ruolo del mezzo passiamo alle tabelle sulle cause.

22 incidenti sono avvenuti per cause che non possiamo associare al comportamento del mezzo (atterraggio in acqua, errore nel girarsi in decollo, collisione, acro, dust devil, pioggia, nodi, cause ignote), questi incidenti per il momento non ci interessano perché vogliamo capire qualcosa di più sui comportamenti dei mezzi.

Tutti gli altri incidenti, che sono 26, sono avvenuti per cause legate al comportamento del mezzo, vediamoli:

  • 13 incidenti sono avvenuti a seguito di chiusura asimmetrica e solo uno di questi riguarda un EN-A
  • 6 incidenti sono avvenuti a seguito di chiusura frontale, nessuno con EN-A.
  • 7 incidenti avvenuti a seguito di stallo o negativo di cui solo uno con EN-A

Gli incidenti in cui il comportamento del mezzo conta sono per circa due terzi (19) legati a chiusure. Nella metà (9) di questi incidenti da chiusura, la chiusura è stata seguita da una cravatta seguita da spirale. Nessuno di questi casi di cravatta si è verificato con EN-A.

Nel post precedente abbiamo visto che i piloti che volano con mezzi di categorie superiori ad EN-A sono mediamente più esperti ma hanno mediamente più incidenti, ora abbiamo visto che questo succede anche in voli stanziali dove l’influenza delle scelte conta meno e il mezzo conta di più. Ci siamo anche fatti un’idea di dove si concentrano i problemi legati al mezzo: chiusure e cravatte.

Prima considerazione: la sicurezza passiva del mezzo non è compensata da maggior capacità del pilota. Nel salire di categoria inevitabilmente diminuiamo la nostra sicurezza, indipendentemente dal nostro livello.

Non c’è nulla di male nel prendersi più rischi in modo consapevole, essere consapevoli significa non illudersi di poter mantenere lo stesso livello di sicurezza volando un mezzo meno sicuro.

Non dobbiamo volare tutti solo EN-A ma non dovremmo neppure pensare che si possa salire di categoria senza fare compromessi.

Occhio: questo non è un confronto EN-A vs “resto del mondo”. Il focus su EN-A in questo post deriva dalla granularità dei dati che abbiamo, il concetto è generale.

Questi dati non ci consentono di fare di meglio perché purtroppo in EN-B ci sono mezzi molto diversi tra loro. Se avessimo statistiche divise tra B-bassa e B-alta le differenze le vedremmo. A breve la B-bassa e la B-alta diventeranno due classi distinte e tutto sarà più chiaro.

Seconda considerazione: le cravatte a seguito di una chiusura sono diventate, negli anni, un problema sempre maggiore. L’aumento dell’allungamento e la riduzione delle linee accrescono la probabilità che la vela si incravatti dopo una chiusura. Dall’analisi degli incidenti abbiamo visto che questo capita a partire dai B di fascia alta in su. Oggi più della metà degli incidenti fatali causati da una chiusura è dovuto ad una cravatta. Certe cravatte possono portare ad accelerazioni ingestibili e irrecuperabili nel giro di pochissimi secondi. Il DHV ha adottato una linea guida molto dura nella sua comunicazione ai piloti: “se dopo una cravatta si innesca una vite, hai tre secondi di tempo per lanciare il paracadute e non morire”. Quando le accelerazioni crescono troppo, lanciare il paracadute può diventare impossibile, la tempestività è cruciale.

Purtroppo non c’è un test di certificazione per verificare la tendenza di un mezzo alla cravatta e non c’è neppure un test per verificare la reazione del mezzo quando si manifesta una cravatta. Di cravatte ne vediamo nei voli reali ma non siamo in grado di testarle durante i test di certificazione. E’ una grave carenza che è diventata un problema.

Ad oggi l’allungamento della vela è l’elemento che più ci consente di stimare questa tendenza, purtroppo per il momento non abbiamo strumenti migliori.

Cosa ci portiamo a casa in sintesi?

Prima di tutto che non c’è pasto gratis: salendo di categoria si rischia di più a parità di tutto il resto. Siamo liberi di pensare che noi, proprio noi, in realtà voliamo più sicuri con un mezzo di categoria superiore ma questa resterà una nostra convinzione personale priva di evidenze.

Un’altra cosa che ci portiamo a casa è che le certificazioni non ci danno tutte le informazioni che ci farebbe piacere avere. La B non è una classe sola ma sono di fatto due classi con profili di sicurezza molto diversi. Tra queste difference c’è il problema delle cravatte, sul quale le certificazioni purtroppo non ci dicono nulla.

A dire il vero le certificazioni di problemi ne hanno anche altri, ma per oggi mi fermerei qui.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *