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Lo “U-Space” italiano al General Meeting di Europe Air Sports di Oslo

A Marzo 2025 si è tenuto il General Meeting di Europe-Air-Sports ad Oslo. In questo post riporto il mio intervento nel quale, partendo da quello che sta succedendo in Italia, evidenzio le potenziali criticità delle interpretazioni nazionali del concetto di U-Space.

La normativa europea su U-Space è entrata in vigore il 26 Gennaio 2023, il che significa che il framework normativo europeo è completo, i sistemi di visibilità elettronica sono disponibili ad eccezione della versione di ADS-L basata su telefonia mobile (la cui specifica tecnica è attesa entro quest’anno), le stazioni di terra in grado di ricevere sia ADS-B che ADS-L sono sul mercato. Insomma, quello che serve per mettere in piedi uno U-Space è disponibile da tempo.

Veniamo all’implementazione italiana: vi presento R700 il primo “U-Space” (tra virgolette) italiano che nasce da una collaborazione tra ENAV, ENAC e Amazon. La precedente slide contiene due immagini della stessa area, l’immagine di sinistra ritrae la configurazione di R700 come definita in AIP, nell’immagine di destra è invece evidenziata la posizione del nuovo centro di smistamento di Amazon di S.Salvo. Come si può vedere, R700 è stata costruita intorno a questo centro di smistamento.

La cosa curiosa è che questo “U-Space” è uno U-Space di nome ma non di fatto. Viene denominato, o etichettato, come U-Space ma è in realtà un’area R, ovvero ristretta. Il traffico “manned” (con pilota a bordo) non può accedere ad eccezione di servizi di emergenza medica, ricerca e soccorso e altri aeromobili che siano stati preventivamente autorizzati e che si coordinano via radio con il servizio di controllo volo.

Quindi non è uno U-Space, dato che lo U-Space è per definizione un’area in cui “manned” e “unmanned” convivono e in cui i “manned” possono entrare liberamente purché si rendano visibili elettronicamente. In uno U-Space i “manned” non necessitano di autorizzazioni preventive e non devono avere contatto radio perché la “deconfliction” viene fatta sulla visibilità elettronica. Quest’area che viene definita “il primo U-Space italiano” in realtà, lo dice anche il nome (R700), non è uno U-Space.

Al precedente meeting tecnico di EAS, tenutosi a novembre 2024 a Speyer (Germania), il rappresentante EASA era rimasto piuttosto contrariato da questa “interpretazione” e aveva detto al rappresentante ENAV: “avete perso l’occasione per fare una vera sperimentazione”.

Quindi: abbiamo quest’area ristretta che di fatto è riservata ad Amazon che la usa per condurre la sperimentazione del servizio Prime-Air, ovvero la consegna di pacchi utilizzando i droni riprodotti nella slide precedente.

Altra “interpretazione” di interesse è l’approccio “centralizzato” a U-Space dell’Italia. La norma europea su U-Space prevede la fornitura di servizi U-Space in un regime di concorrenza, analogamente a quanto succede per la telefonia mobile: più operatori operano nella medesima area, tutti devono offrire un insieme di servizi minimi, i clienti scelgono liberamente il loro fornitore, i fornitori competono tra loro su servizi aggiuntivi e prezzo.

In Italia questo non succede perché i servizi U-Space vengono forniti in regime di monopolio dall’unico U-Space Service Provider (USSP) italiano: ENAV.

L’uso di una area ristretta per questa sperimentazione e la scelta di chiamarla U-Space sono state oggetto di critiche: al precedente meeting tecnico di novembre 2024 ENAV aveva giustificato la scelta di creare questo “U-Space” come area ristretta per via dell’indisponibilità di sistemi di visibilità elettronica. L’affermazione non è stata presa bene dal rappresentante EASA visto che tali sistemi di visibilità elettronica erano disponibili da almeno un anno.

Ad oggi non è chiaro chi fornisca i servizi U-Space, se ENAV o Amazon, o se questi servizi siano del tutto disponibili in quest’area. Personalmente propendo per la seconda ipotesi.

Quindi alla fine cosa ci portiamo a casa?

Che bisogna tenere gli occhi aperti. In questa fase in cui i singoli stati membri implementano lo U-Space, come abbiamo visto, le deviazioni e le interpretazioni del framework normativo europeo sono apparse fin dalle prime implementazioni.

Lo U-Space nasce per integrare una nuova forma di trasporto aereo, quella dei droni, che abilita nuovi modelli di business. Sebbene il framework europeo sia stato molto attento a tutelare la libertà degli utilizzatori degli spazi aerei, nelle implementazioni nazionali può esserci la tentazione di privilegiare gli interessi commerciali a discapito dei diritti del volo da diporto e sportivo. In fondo un’area ristretta comporta meno rischi e meno costi di uno U-Space.

Per finire, un accenno a quella che per me è una preoccupazione anche maggiore: l’integrazione dei droni negli spazi aerei non controllati. A differenza di U-Space, qui non c’è un impianto normativo e non ci sono prescrizioni di visibilità elettronica. I droni vengono già impiegati in questi spazi aerei per attività di monitoraggio del territorio, manutenzione e monitoraggio delle linee aeree, ricerca e soccorso, sopralluoghi, sicurezza pubblica, rilevazioni ed altre attività. Molti di noi incroceranno i primi droni in spazi non controllati prima ancora che in uno U-Space. Sappiamo cosa può succedere quando i primi rischi si manifesteranno: in assenza di strumenti per mitigare il rischio è più probabile che vengano limitate attività commerciali o attività ludiche?

La mia posizione è che si debba spingere per l’adozione volontaria di sistemi di visibilità elettronica (quali che siano perché aggiornare una tecnologia è sempre più rapido rispetto ad operare un cambiamento culturale) fin da subito, per rendere il mondo del volo ludico e sportivo visibile in tempi brevi.
Parallelamente bisogna spingere per l’obbligo da parte degli operatori dei droni di monitoraggio del traffico circostante.

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